Nel 2010 il lancio della trasmissione “Dct”, “Dual Clutch Transmission”, mutuato dal Mondo dell’auto e foriero di un’evoluzione tecnologica del comparto moto destinata nel tempo a sostituire i cambi meccanici con sistemi robotizzati. Con il suo “Dct” Honda consolidò quindi la sua immagine di brand tecnicamente trainante per il Mondo delle due ruote, posizione che però da quel momento non venne più sostenuta con proposte innovatrici di alto livello come fu “Dct”. Ora una sorta di ritorno alle origini e al vertice tecnologico del comparto con il lancio di un motore “V3” sovralimentato mediante un compressore centrifugo azionato elettricamente, tecnologia che la Casa ha avuto modo di maturare in ambito sportivo quale fornitore di motori a diverse scuderie di Formula 1. Il motore era proposto incastonato in un telaio tubolare con forcellone monobraccio che non si sa se essere parte del progetto o solo una maquette per esporre la nuova unità che con i suoi 75 gradi di apertura delle bancate occupava l’intera tralicciatura evidenziando dimensioni trasversali da bicilindrico e dimensioni longitudinali più compatte rispetto ai tradizionali “V” di 90 gradi. L’architettura prevede due cilindri frontali e uno posteriore raffreddati a liquido recuperando un design già proposto dalla Casa dapprima su “Ns 500 R”, un due tempi con un cilindro orizzontale e due verticali aperti a 112 gradi, e poi “Ns 400”, un due tempi con due cilindri orizzontali e uno verticale aperti a 90 gradi.
Nel caso specifico il motore è un quattro tempi di cui non si conoscono le caratteristiche tecniche e la cubatura né si hanno notizie circa la fasatura delle manovelle dell’albero motore. Ipotizzabile che siano organizzate in modo da evitare di dover ricorrere a eventuali alberi controrotanti per abbattere le vibrazioni, ma Honda nel dichiarare che il motore equipaggerà “motociclette di cilindrata medio‑alta” non ha chiarito se tali mezzi saranno turistici o sportivi, utilizzi diversi che danno luogo a scelte progettuali altrettanto diverse. Di fatto un’unità che solo il tempo definirà nella sua completezza e che al momento trova il suo miglior motivo di interesse nel già citato sistema di sovralimentazione che operando per via elettrica risulta pilotabile in maniera indipendente dal regime del motore e dai flussi dei gas di scarico. Di fatto una tecnologia che realizza una possibilità in più di modulazione dell’erogazione della coppia rispetto a quelle concesse dai sistemi di alimentazione e di accensione pilotati per via elettronica, dagli impianti di modulazione delle volumetrie e dei condotti degli air box e dai sistemi di variazione delle fasi della distribuzione. Fra i vantaggi del compressore “elettrico” la possibilità di collocarlo nella posizione ritenuta più opportuna senza essere condizionati dalla presenza di rinvii meccanici e dal giro dei tubi di scarico né va dimenticata la sua maggior reattività rispetto ai sistemi tradizionali. I compressori centrifughi operanti per via meccanica vedono in effetti il loro regime legato in maniera diretta e rigida a quello del motore, quindi la loro efficienza da quelli dipende, e lo stesso fanno, anche se in maniere meno rigida, i turbocompressori, non a caso disponibili anche in versioni a geometria variabile proprio per superare i turbo-lag dei sistemi a geometria fissa. Nel caso specifico Honda dichiara che in meno di mezzo secondo il compressore del nuovo motore entra a regime affermando anche che il sistema non necessita di intercooler per raffreddare l’aria compressa inviata ai cilindri. Ciò fa ipotizzare che il compressore non operi in maniera continuativa, ma funga da booster quando il pilota decide di voler accelerare con la massima decisione o quando è necessario dar luogo a una coppia ai bassi e ai medi regimi più corposa di quella che il motore realizzerebbe se fosse un semplice aspirato.
Qualche riflessione a bocce ferme
Il nuovo motore Honda rappresenta sicuramente un progetto di grande spessore tecnico che andrà a confrontarsi con i motori a tre cilindri in linea attualmente sul mercato. Da un punto di vista meccanico rispetto a questi ultimi risulta decisamente più compatto e anche foriero di una massa più bilanciata, quindi di un baricentro più facile da posizionare rispetto al baricentro del veicolo in funzione del profilo di missione cui sarà destinata il veicolo su cui sarà montato. La disposizione dei cilindri molto riempie però il diamante del telaio nella sua area posteriore, cosa che renderà complicato l’inserimento di una eventuale sospensione progressiva. Non a caso il sistema proposto dalla maquette di presentazione dell’unità era a geometria fissa con la progressione della risposta elastica affidata al passo variabile della molla dell’ammortizzatore. Altro motivo di perplessità la mancanza sulla stessa maquette di un volume destinato ad alloggiare la batteria che dovrebbe alimentare il compressore elettrico. Pensare che possa provvedere direttamente a ciò l’alternatore è poco realistico visti gli assorbimenti energetici in gioco, fino a sei/sette volte superiori alle erogazioni degli alternatori motociclistici, esattamente come è poco realistico pensare a un sistema che opera 12 volt. Più logico invece ipotizzare proprio la presenza di un piccolo accumulatore operante a 48 volt in grado di sostenere il compressore per brevi periodi di tempo. Da sottolineare infine che il nuovo “V3” sarà anche caratterizzato da costi di produzione superiori a quelli proposti dai motori in linea, fattore che abbinato al compressore elettrico dovrebbe indirizzare l’unità verso veicoli di prestigio e di alte prestazioni. Ammesso che Honda lo renda possibile, sarà interessante a questo punto seguire le future evoluzioni dell’unità e le sue possibili applicazioni accettando l’idea che i tempi potrebbero non essere brevi.
Titolo: Con il motore “V3” Honda torna a stupire
Autore: Redazione